sabato 6 febbraio 2010

Convenzione in fase di stallo

A seguito dell’approvazione provinciale del progetto d’ambito del 30 dicembre scorso, le Amministrazioni comunali di Cazzago, Travagliato, Rovato e Berlingo hanno da alcune settimane avviato una trattativa con la ditta Nord Cave srl per giungere alla stipula della convenzione per l’attività estrattiva, prevista dalla L.R, 14/98 e indispensabile per poter ottenere dalla Provincia di Brescia l’autorizzazione all’esercizio dell’attività.

Negli incontri, che si sono svolti il 15 gennaio, 21 gennaio, 5 febbraio, sono stati toccati gli argomenti principali inerenti il contenuto della convenzione: soggetti contraenti, convenzioni precedenti, contributo aggiuntivo, opere di riassetto ambientale, viabilità, garanzie, cessione delle aree, controllo

Nell’ultimo incontro, alla luce della sentenza del TAR del 14 gennaio scorso, le Amministrazioni hanno posto come pregiudiziale per il prosieguo della trattativa la rinuncia da parte della ditta all’escavazione ad ovest di via Bornadina, come disposto dal decreto di Valutazione di Impatto ambientale del luglio 2009 e dalla predetta sentenza del Tribunale amministrativo regionale e come del resto previsto dal progetto di escavazione approvato dalla Provincia.

A fronte dell’indisponibilità della ditta ad accordarsi su questo punto, le trattative sono state sospese.

Il 25 febbraio nasce l’Associazione Progetto Macogna

Riceviamo dai responsabili dell’Associazione Progetto Macogna:

«Nasce l’Associazione Progetto Macogna! Per dire il tuo sì all’ambiente, alla natura, alla valorizzazione dell’agricoltura e del territorio... per dire il tuo no a un’altra discarica... partecipa all’assemblea costitutiva. Diventa socio!

L’assemblea costitutiva è giovedì 25 febbraio 2010, alle ore 20.30, presso l’Oratorio San Francesco d’Assisi di Pedrocca».

«L’associazione persegue le finalità di tutelare l’ambiente, il paesaggio, la salute, i beni culturali, il corretto assetto urbanistico, la qualità della vita e la preservazione dei luoghi da ogni forma di inquinamento in relazione all’ambito territoriale posto a confine dei comuni di Berlingo, Cazzago San Martino, Rovato e Travagliato.

Questo territorio è simboleggiato dalla storica cascina Macogna, un grande complesso rurale situato al confine tra i Comuni sopra citati, che venne demolito in brevissimo tempo, a metà degli anni ‘70, per dare inizio a una grande cava di sabbia e ghiaia. Il parco della Macogna rappresenta il paradigma della volontà di rinascita di un territorio spesso messo in ginocchio da eccessivi sfruttamenti, che ora vuole rialzarsi e ricucire le proprie ferite, attraverso una riqualificazione ambientale, funzionale e sociale che declini concretamente la priorità della programmazione pubblica rispetto al pur legittimo interesse privato.

L’associazione persegue lo scopo della valorizzazione del suddetto ambito territoriale. L’associazione può assumere la gestione della suddetta area in forza di delega proveniente dalle amministrazioni comunali. All’uopo l’associazione potrà promuovere ogni attività, dibattito, iniziativa, manifestazione reputata necessaria od anche solo opportuna pure conferendo incarichi a professionisti ed esperti in varie discipline, per il perseguimento delle finalità associative, in tutte le sedi consentite in Italia e all’estero, sia dinanzi alle autorità amministrative che avanti le autorità giudiziarie amministrative, civili, penali, contabili e tributarie. L’associazione è apartitica e intende operare nell’osservanza dei principi della Costituzione della Repubblica italiana, delle norme dell’Unione Europea e dell’ordinamento giuridico dello Stato.

L’associazione persegue i propri scopi senza fini di lucro e nel pieno rispetto della libertà e della dignità degli associati».

Associazione Progetto Macogna, art. 2 Statuto sociale

Lettera al direttore

Riprendiamo, dal Giornale di Brescia del 1 febbraio, una lettera al direttore sul Piano cave della Provincia di Brescia.

Vorremmo esprimere alcune riflessioni alla luce dei risultati di una recente indagine sullo spaventoso consumo del territorio avvenuto nell'ultimo decennio in provincia di Brescia. Il 14 gennaio scorso il Tar di Brescia ha annullato l'autorizzazione all'escavazione per la Bonfadina, enorme cava di ghiaia e sabbia posta sul confine tra il nostro comune, Rovato e Cazzago S.M. in riferimento ai ricorsi di quest'ultimo. La sentenza fa il paio con quella, identica, dello scorso dicembre relativa ai nostri ricorsi rovatesi.

Il Tar ha sancito come la Regione non potesse quadruplicare la Bonfadina passando dalla proposta provinciale di 400.000 mc a 1.600.000 mc senza interpellare i Comuni. Nel merito riteniamo gravissimo che si sia consentito alla ditta di iniziare l'escavazione ad agosto con un'autorizzazione ora annullata, sapendo benissimo che il Tar si sarebbe comunque espresso nell'arco di qualche mese in un senso o nell'altro.

E ora chi ripristinerà il danno arrecato al nostro territorio dopo quattro mesi di frenetica attività, con file di bilici in ingresso/uscita dal bacino viste da tutti i cittadini?

Non è questo l'unico tema. Stiamo assistendo negli ultimi mesi ad altre numerose sentenze del Tar di Brescia che stanno modificando sensibilmente l'abnorme Piano Cave Provinciale bresciano approvato nel 2005 dalla Regione.

Oltre alle due sentenze sopracitate il Tar ha annullato anche l'allargamento al di là di una strada comunale della cava Macogna (Ate14) sempre a Cazzago S.M. e alle porte della frazione rovatese di Duomo: escavazione che avrebbe nei fatti costituito l'apertura di un nuovo bacino.

A ottobre è stato annullato lo spostamento operato dalla Regione di 200.000 metri cubi da una cava a Capo di Ponte (Ate1) consentendo l'apertura di un nuovo bacino, l'Ate57, in Comune di Losine. Troppo sfacciata, per il Tar, la violazione della legge regionale che impone di allargare bacini esistenti prima di aprirne di nuovi.

A fine dicembre, inoltre, il Tar ha ribadito che non è possibile cavare nelle vicinanze dell'aeroporto di Montichiari rigettando la richiesta di un cavatore che chiedeva un risarcimento di 630.000 euro ogni 45 giorni di mancata attività, 14.000 euro al giorno! Ci piacerebbe sapere quanto dovrebbero allora chiedere i Comuni per i danni ambientali subiti da attività estrattive pluridecennali e se assisteremo a ricorsi della Regione contro queste sentenze del Tar favorevoli ai Comuni.

Ponendoci nel solco di una condivisibile tutela della Franciacorta ipotizzata dalla Provincia, tanto da suscitare le ire funeste della Regione che l'ha commissariata rispetto al Piano Provinciale Rifiuti, ci chiediamo se non sia arrivato il momento di prevedere una revisione del Piano Cave Provinciale, essendo giunti a metà della sua decennale durata.

Sul caso della cava Bonfadina, per esempio, ci chiediamo se non sia opportuno preservare l'ultimo terreno rovatese a denominazione Docg, chiudendo definitivamente questa vicenda che non giova a nessuno: i Comuni rigettano l'idea di aprire un enorme buco di 34 ettari confinante con dei vitigni e appetibile anche per future discariche, la ditta chiede di operare con sicurezza per il proprio futuro.

Ad esempio, una revisione del piano potrebbe consentire abbastanza agevolmente una cancellazione definitiva del bacino della Bonfadina con redistribuzione dei suoi volumi su bacini già aperti: l'impatto sarebbe di gran lunga inferiore, in linea con gli indirizzi dati dal Tar e con quanto previsto anche nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

A livello più generale è assodato che i metri cubi di ghiaia assegnati nel 2005 sono eccessivi rispetto a un'edilizia bresciana molto rallentata e a milioni di metri cubi di inerti bresciani estratti per esigenze non bresciane. Il federalismo non vale per le cave? Tanto più ora che stanno avanzando concrete proposte di recupero di inerti al fine di ridurne l'estrazione.

Un ultimo passaggio sulla Regione Lombardia. Dal 2004 una cinquantina di Comuni, con Cazzago S.M. e Rovato capifila, hanno portato all'attenzione del presidente Formigoni una proposta di modifica della legge regionale cave (14/1998) che consenta ai Comuni di contare qualcosa nella pianificazione dei bacini estrattivi. Oggi, infatti, un cavatore proprietario di un'area agricola può vedersela convertita in escavabile da un voto regionale, aumentandone il valore economico di decine e decine di volte, anche se il Comune è contrario.

La Regione (con in testa numerosi assessori e consiglieri regionali bresciani, alcuni ricandidatisi alle prossime elezioni regionali) aveva promesso da tempo il superamento dell'attuale legge. È passata un'intera legislatura ma non abbiamo visto la modifica di una virgola. Anzi! Abbiamo assistito allibiti a numerosi ricorsi della Regione Lombardia al Tar o al Consiglio di Stato contro i Comuni.

Perché invece la Regione non si è costituita in giudizio con la medesima tempestività contro i ricorsi di numerosi cavatori? Ma come, si ricorre contro i Comuni e non contro i privati?

Con queste premesse ci chiediamo se dovremo assistere anche a Rovato all'ennesimo avvilente ricorso della Regione Lombardia al Consiglio di Stato anche sulla cava Bonfadina. Non vogliamo però fare di tutta l'erba un fascio. Piuttosto speriamo che i segnali di discontinuità avanzati ultimamente dalla Provincia di Brescia rispetto a questa logica regionale si concretizzino davvero.

Un buon inizio sarebbe ripristinare la Consulta provinciale per le attività estrattive che per 5 anni la giunta provinciale Cavalli non ha rinnovato: un organismo che con il contributo di esperti del settore, ordini professionali, Comuni, imprese di escavazione, agricoltori ecc. potrebbe davvero aumentare la consapevolezza della necessità di revisionare il Piano Cave Provinciale di Brescia. Sarebbe una prima indicazione che le istituzioni sono tornate a fare pianificazione urbanistica e non hanno demandato, inconcepibilmente, questo compito ai cavatori.

Ing. Angelo Bergomi (Consigliere comunale di Rovato con delega alle attività estrattive)

Eligio Costanzi (Vicesindaco Rovato)

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